L’essere umano è una delle poche specie ad aver imparato la locomozione bipede. Il piede si è evoluto per essere la base di una andatura molto specializzata. Il suo piede è formato da 26 ossa, 33 articolazioni e 19 muscoli; la loro connessione crea una funzione di sostegno, equilibrio, sensibilità.
La componente tendinea dell’essere umano e di molti altri animali ha la capacità di accumulare energia elastica per poi rilasciarla durante atti motori come i salti (capacità catapulta). Questa capacita si può esprimere maggiormente in un’età compresa tra i 13 e i 16 anni. L’accumulo di energia può essere migliorato con l’allenamento ma va da sè che a pari allenamento, ma con differenza di età, si avrà un migliore prestazione nel soggetto più giovane che possiede una maggiore ondulazione tessutale delle fibre di collagene.
L’uso di calzature risale a circa 40.000 anni fa; ciò fa ipotizzare che con l’avvento delle scarpe si sia avuta una minore riduzione dell’affidamento del carico delle dita durante la locomozione con una riduzione di lunghezza delle dita. Le prime scarpe erano dei semplici sandali rudimentali che servivano per lo più a proteggere la cute a contatto con il terreno, poi si sono evolute con l’avvento della moda in sofisticati oggetti di design trascurando la loro vera funzione.
Le scarpe a punta hanno portato grossi problemi:
– Deformità delle dita dei piedi
– Alluce valgo
– Deformità in valgo dell’articolazione metatarsale falangea.
Scarpe con tacchi :
– Effetti sull’unità muscolo-tendine della caviglia
– Riduzione gastrocnemio mediale
– Rigidità del tendine d’Achille.
Scarpe sportive:
– Interferenze con la stabilità della caviglia
– Interferenza sulla cinestesia (la cinestesia è la capacità di percepire il movimento di un’articolazione o di un arto; è influenzata principalmente dai fusi muscolari e secondariamente dai recettori cutanei e dai recettori articolari)
– Interferenza sulle abilità funzionali (cambiamenti andatura).
Le calzature utilizzate a lungo termine portano a cambiamenti anatomici e funzionali, i più importati sono:
– Riduzione larghezza
– Allargamento avampiede sotto carico
– Aumento della lunghezza del passo
– Maggiore flessione dorsale al contatto piede-suolo.
Oggi si vedono sempre più persone approcciare al “barefoot” perché è oramai constatato che correre abitualmente scalzi porta ad una maggiore capacità di accumulo elastico nell’arto inferiore rispetto al correre con le scarpe. L’elasticità impressa sul piede si diffonde lungo tutta la gamba e mantiene i tessuti tendinei, non solo del piede, ma di tutto l’arto inferiore, elastici e sani.
Alcuni studi hanno rilevato che il passaggio dalla corsa con scarpe alla corsa a piedi nudi induce diversi cambiamenti biomeccanici, tra cui una riduzione dei tassi di carico è potenzialmente vantaggiosa per la prevenzione degli infortuni legati alla corsa. La mancanza di ammortizzazione e supporto favorisce un appoggio più marcato sull‘avampiede o sul mesopiede piuttosto che sulla parte posteriore del piede, diminuendo il transito d’impatto e lo stress sull’anca e sul ginocchio.
Un soggetto in età adulta deve però fare molta attenzione ed approcciarsi gradualmente a questo tipo di pratica; avendo superato l’età di sviluppo egli avrà sicuramente molti più compensi e vizi posturali. Questo rinnovo dei tessuti fasciali ha bisogno di un processo lento che richiede parecchi mesi di adattamento.
Come faccio ad adattare il piede ?
I tessuti tendono ad adattare la loro struttura in base alle sollecitazioni meccaniche a loro imposte a patto che siano applicate ad una certa intensità e in maniera regolare.
I tendini, legamenti e fascia adattano la loro sezione trasversa in base alle forze muscolari ad essi imposte.
Attraverso esercizi pliometrici che portano il tendine ad un ciclo di allungamento e di accorciamento (stretch-shorteing cycle) si va ad aumentare l’attivazione dell’unità motoria tramite il riflesso mitotico da stiramento. Tutto questo si traduce in una dimostrazione di quanto gli esercizi pliometrici portino ad un significativo aumento della componente passiva e ad una riduzione della componente attiva.
Calzature più leggere e più flessibili sembrano suscitare differenze ridotte nella cinematica dell’andatura rispetto al camminare a piedi nudi. Quando si cammina a piedi nudi, si verifica una forza d’impatto verticale iniziale ridotta e una distribuzione più uniforme della pressione sul piede, che è probabilmente il risultato di una superficie di contatto più ampia ottenuta tramite un posizionamento del piede più piatto. Sono state completate poche ricerche sulla camminata a piedi nudi negli adulti che si avvicinano all’età avanzata, dove i problemi ai piedi e le carenze dell’andatura sono più prevalenti. E’ quindi necessaria un’indagine su questa popolazione per determinare l’impatto della camminata a piedi nudi nel corso della vita.
https://bmcgeriatr.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12877-020-1486-3
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32131748/
https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/1941738114546846